"Migliaia di collaboratori, nessuno stipendio", per metterla come piace alle aziende. Vetrina globale e inedita per il proprio talento, secondo l'ottimismo della volontà della forza lavoro. Il crowdsourcing è il sogno realizzato dell'"intelligenza collettiva" e l'incubo in carne e ossa dei sindacati. Sintesi di crowd (folla) e outsourcing (la pratica di affidare all'esterno alcune attività) si realizza "quando una compagnia chiede a una comunità indistinta di svolgere per suo conto un compito prima affidato ai propri dipendenti", secondo il fortunato conio di un giornalista di Wired.
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Sono un caso vivente della tipologia di nuova figura professionale presentata nell'articolo di Repubblica, sezione Tencologia&Scienze. Se volte vi autorizzo a fare esperimenti su di me...
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Cacchio Aitan, quante riflessioni e considerazioni apre questo post!
Così, d'amblè, la prima cosa che mi viene da dire è: "ma che le aziende di profitto sono cambiate negli ultimi 10 anni?". Direi proprio di no. Anzi, a parte delle rare eccezioni, il concetto del costi bassi e profitti alti non risparmia nessuno. Riflettendo sui conti aziendali, il costo del lavoro (in costante e progressiva diminuzione) non è la voce che incide maggiormente, ma continua a rappresentare una preoccupazione, nonostante la (incompleta) flessibilità ed i bassi costi dell'alta professionalità dei paesi più poveri (per non parlare della manodopera). Non è una questione di occidente ed oriente o di nord e sud, ma credo sia una questione di mentalità, il cui cambio ha bisogno di tempi e di passaggi. Il "crowdsourcing" è una "paraculata" degna del miglior venditore di pozioni magiche, più che l'idea la sua appropriazione per fini aziendali. Visto che voi lo fareste comunque, vi doniamo e vi facciamo vivere il marxiano "finish"...e chi lo sa che non rientriate nelle nostre grazie o imparate a mettervi in proprio. La sensazione orwelliana , da "fattoria degli animali", incombe, ma non è il concetto ad essere sbagliato è il suo (ab)uso. Wikipedia è un esempio di "crowdsourcing" sicuramente diverso da ebay. Lo sfruttamento dell'opensource e del "lavoro distribuito" uccide entrambi o quantomento le loro buone intenzioni creative.
La creatività (forma, fruizione, ecc...) sta cambiando, il lavoro (organizzazione, concetto, ecc...)
sta cambiando, mentre quello che sembra immutabile è il concetto di profitto e di acquisizione dei profitti secondo una mentalità tardo industriale più che post-industriale.
Il cambiamento o l'abbattimento del profitto segnerebbe irrimediabilmente il nostro tempo,
nel frattempo dal "diario postumo di un lavoratore flessibile" di Gallino hanno girato questo documentario Http://www.docume.org/page/schedafilm.asp?id=105
che verrà scoperto da qualche archeologo mediatico del quarto millennio
E' una paraculata? Credo di si almeno allo stato attuale dell'economia. Vista in positivo è una proiezione di quello che potrebbe diventare l'economia o meglio una parte di essa. Quella che è stata battezzata dalla stampa come 'new economy'. La questione è come dici tu di abuso di quella che vuole essere una Rivoluzione Culturale e Digitale. Si sta cercando di cambiare le abitudini e gli stili di vita ma i Potenti (le aziende) cercano di trarne come sempre profitto in un ottica di speculazione e sfruttamento...Forse siamo una delle generazioni di mezzo e quindi in piena fase di mutamento.
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